N° 36
(PARTE TERZA)
PROLOGO
Da qualche parte lungo il
confine tra il Vietnam ed il Laos, agosto 1972.
L’ultimo ricordo
cosciente che il tenente Jeffrey William Mace ha sono le esplosioni. Stanno bombardando,
pensa, mentre qualcosa gli esplode vicino. Vede l’uomo che conosce come
capitano Roger Michaels proiettato verso l’alto da una bomba esplosa accanto a
lui, le orecchie si riempiono di un acuto ronzio mentre lo spostamento d’aria
lo proietta all’indietro ed un forte calore gli investe la faccia. Cade a terra
e la sua mano destra tocca il suo petto. Sente una sostanza calda e vischiosa
riempirgli la mano…sangue… il suo sangue? Un velo nero gli cala sugli occhi e
perde i sensi.
1.
Phoenix, Capitale dello Stato
dell’Arizona. Oggi. Jack Ironhoof scuote il capo. Osserva
l’ufficio messogli a disposizione dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Sul
lato opposto del vetro smerigliato della porta, Jack riesce a leggerla anche al
contrario, è stata incisa la scritta:
“Assistente speciale del Direttore”. Sulla sua scrivania è appoggiata
una targhetta più piccola con su scritto: “Lt. Col. Jacob T. Ironhoof”. Tutti
titoli altisonanti che gli sono stati conferiti a causa dell’emergenza nata
dalla distruzione di Phoenix[1]
e probabilmente solo perché era uno dei poliziotti più alti in grado
sopravvissuti al disastro e perché aveva collaborato in un paio di occasioni
con i Rangers.[2]
Parecchie volte durante le ultime settimane Jack si è ritrovato a rimpiangere i
tempi in cui era solo un comune sergente del Dipartimento di Polizia di Phoenix
che doveva farsi bastare una piccola scrivania di legno. Quei tempi sono finiti
o così sembra: il dipartimento di Polizia di Phoenix è stato polverizzato come
il resto della città con più del 70% dei poliziotti in servizio morti o feriti
e con il Dipartimento dello Sceriffo della Contea di Maricopa messo non molto
meglio.
Erano
arrivati la Guardia Nazionale e la Polizia di Stato a garantire l’ordine
pubblico ed anche i Rangers erano stati arruolati temporaneamente per tenere a
bada eventuali minacce superumane che, ovviamente, non avevano tardato a farsi
vive. Lui stesso è stato temporaneamente aggregato alla Polizia di Stato con il
grado di Tenente Colonnello e la qualifica scritta in lettere nere sulla sua
porta e che sostanzialmente sta a significare che è incaricato di fare da
ufficiale di collegamento tra i Rangers, il Dipartimento e l’Ufficio del
Governatore. Bel balzo di carriera per un figlio delle riserve, no? Ne avrebbe
fatto volentieri a meno.
Fortunatamente la ricostruzione sta
procedendo bene e presto si passerà dalla gestione dell’emergenza alla normale
routine e lui potrà… cosa? Tornare alla sua vecchia vita da poliziotto? Sempre
meglio che aver a che fare con politici che pensano di poterti dire come fare
il tuo lavoro quando non sanno nemmeno fare il loro. Ancora una volta scuote la
testa, come a scacciare un pensiero molesto ed è proprio quello che vorrebbe
fare se riuscisse a capire qual è. È come la sensazione che provava durante
certi appostamenti, l’impressione di un pericolo imminente Suo nonno l’avrebbe chiamato un cattivo
presagio, ma lui non ha mai creduto a queste cose… eppure… non riesce a
scacciarla... un’indefinibile sensazione di… di qualcosa di sfuggente in
agguato là fuori…che aspetta lui.
Carcere Federale per
Superumani “La Volta", Colorado, due giorni fa.
-In quale “Cuore di
tenebra” vorresti spingermi, Rogers? Ammesso che questo sia davvero il tuo
nome?- chiede Will Mace ad un uomo che non incontrava da oltre 30 anni.
L’uomo di nome Michael Rogers fa un
leggero sogghigno. È inquietante, pensa Will, vedere un’espressione simile su
un volto così somigliante a quello del primo Capitan America. Non fosse perché
l’uomo seduto davanti a lui ha dei fili grigi tra i capelli e qualche sottile
ruga sulla fronte, li si scambierebbe per gemelli.
-Tutto è cominciato
molti anni fa…- comincia a dire -… con qualcosa che fu chiamato Progetto
Rinascita.-
-Parli del progetto
che diede vita a Capitan America?- replica Will-Tu che ne sai?-
-Tua figlia non ti ha
detto niente? E nemmeno quei cervelloni del Battaglione V? Avrei giurato che ne
sapessero parecchio. Beh allora te lo ripeterò dall’inizio. Il Progetto
Rinascita, lo saprai di certo, era nato dalle ricerche del professor Abraham
Erskine per far raggiungere all’uomo il top della perfezione fisica e non solo. Questa è una storia parzialmente
di dominio pubblico. Quello che non tutti sanno è che ci furono altri soggetti
oltre a Steve Rogers selezionati per ricevere il Siero del Supersoldato.-
-Questo lo so
anch’io… ce ne furono almeno due.-
-Sean Clinton
McIntyre e Isaiah Bradley, certo, ma non furono i soli. C’è una storia ancor
più segreta del Progetto Rinascita, una storia che conoscono in pochi ed ora la
saprai anche tu, dottor Mace.-
Washington
Navy Yard. District of Columbia Sede del Navy J.A.G. Il
Maggiore dei Marines Elizabeth Mary Mace strizza gli occhi e si appoggia alla
poltroncina ergonomica distogliendo gli occhi dallo schermo del computer.
-Stanca?- le chiede
il suo collega, il tenente di Marina Martin Luther King Mitchell facendo
capolino nel suo ufficio.
-Un po’.- risponde
Lizzie abbozzando un sorriso –Ho avuto una settimana impegnativa.-[3]
-Lo immagino.-
replica Marty rispondendo al sorriso. Rapidamente entra nell’ufficio e dopo
aver richiuso la porta si porta dietro di lei comincia a massaggiarle le
spalle.
Lizzie
soleva gli occhi a guardare quel giovane ed attraente uomo di colore ed ancora
una volta riflette sulle cose che hanno in comune: non solo sono entrambi
colleghi di lavoro, ma sono anche nipoti di due supereroi della Seconda Guerra
Mondiale affiliati al Battaglione V. Non per la prima volta Lizzie si chiede se
è una semplice coincidenza o se quel diabolico vecchio, Sir Roger Aubrey, non abbia
predisposto tutto per uno dei suoi contorti piani, ma forse è solo paranoica.
Di certo, né Aubrey né altri avrebbero potuto prevedere che tra loro potesse
nascere qualcosa di più di una semplice amicizia.
La
ragazza sospira sotto il tocco delle mani dell’altro. Per un attimo è
completamente dimentica di dove si trova
-Va meglio?- le
chiede il giovane.
-Decisamente.-
replica Lizzie-Dovresti fare il chiropratico… ed io credo che dovrei fare più
palestra, sono fuori forma.-
-Scherzi? Con il
fisico che ti ritrovi e con tutto l’esercizio fisico che fai di già non vedo
come potresti essere più in forma.-
Lizzie fa una smorfia. Quella di
Marty è un’allusione alla sua vita segreta come American Dream? Non gliene ha
mai parlato, ma lui sa che suo nonno è stato Capitan America. Sa o solo
sospetta che Jeff sia quello attuale? Se è così, deve aver capito che lei è
American Dream, non può essere altrimenti. Ha sempre avuto paura di
chiederglielo direttamente nonostante l’intimità che si è creata fra loro e
forse proprio per quello. Che tipo di rapporto hanno dopotutto? Sono stati a
letto insieme qualche volta e sono stati molto bene, ma non si sono fatti
promesse di amore esclusivo ed eterno o cose simili. Marty le piace parecchio e
di certo il fatto che lui sia nero, o come si dice oggi: afroamericano, e lei
la tipica bionda bianca anglosassone protestante non la turba minimamente, ma è
pronta a lasciarsi andare ad una relazione seria? È una domanda a cui non sa
dare ancora una risposta.
2.
Harlem, Manhattan, New York City. Il Senatore di Stato Samuel T. Wilson si
guarda intorno con sguardo compiaciuto, poi si rivolge alla donna di colore
accanto a lui.
-Avete sistemato le
cose piuttosto bene per averle fatte in così poco tempo Dottoressa Temple.-
Claire Temple si concede un sorriso
mentre risponde:
-Ci siamo dati da
fare. Dopo che quel pazzoide di nome Bullet ci aveva distrutto il vecchio
ambulatorio a Hell’s Kitchen[4],
io e Noah… il dottor Burstein… eravamo a terra. Per fortuna la Congregazione
Battista ci ha concesso l’uso di questi locali e per quanto riguarda gli
strumenti… magari sono di seconda mano, ma funzionano bene ed è questo che
importa. Grazie a lei Senatore.-
Sam sorride a sua volta.
-Non ho fatto molto
per la verità. Mia sorella è nel
Consiglio della Congregazione e sono stati lei ed il Reverendo Garcia a
convincere il Consiglio a concedervi di usare dei locali vuoti che altrimenti
non sarebbero stati di nessun aiuto alla comunità. Per il resto… ho ancora
qualche amico nel Dipartimento di Sanità ed in quello dei Servizi Sociali….-
-Beh, si merita il
mio ringraziamento, Senatore, finora i politici che ho conosciuto erano uomini
di molte parole e pochi fatti… al contrario di lei.-
-Credo nella
responsabilità. Ho… conoscevo qualcuno che ne aveva fatto la sua ragione di
vita. Comunque non mi chiami Senatore, mi fa sentire… troppo vecchio.- un
sogghigno –Per gli amici io sono Sam.
-Ed io sono Claire e
spero proprio di essere sua amica.-
Richmond, Capitale dello Stato
della Virginia. Sharon Carter non aveva mai considerato il suo
appartamento inadeguato, ma è stato prima di decidere di portare con se
Shannon, ora le sembra troppo piccolo e del tutto inadatto per crescerci una
figlia. Come può aver mai solo pensato di poterci vivere insieme ad una bambina
di poco più di 4 anni? E cosa le fa pensare di essere adatta a fare da madre a
quella bambina dopo che ne ha sistematicamente ignorato l’esistenza per quasi
tutta la sua breve vita?
No! Rifiuta di farsi prendere dallo
sconforto. Non mollerà adesso, non può e
non vuole. Sospira ed infine si decide a prendere il telefono:
-Smithers? Sono
Sharon… sto tornando a casa.-
Eliveicolo dello S.H.I.E.L.D. da
qualche parte sopra l’Oceano Atlantico. Il volto di
Nick Fury è tirato e stanco. L’uomo di nome Steve Rogers non crede di averlo
mai visto così da quando lo conosce.
-Un brutto momento
Colonnello?- gli chiede.
-Non sai quanto…
Rogers…- risponde Fury -… diciamo che in questo momento ci sono guai grossi di
cui devo occuparmi.-[5]
-Posso sapere perché
mi hai disturbato? Sono solo un insegnante, dopotutto.-
-Si, certo. Mi serve
la tua consulenza, “professore”. Sono successe delle cose negli ultimi tempi e
forse tu puoi darmi una mano a capirci qualcosa. Guarda qui.-
Nick aziona un telecomando e la
stanza si fa buia mentre su uno schermo davanti a loro passano delle immagini.
Steve Rogers spalanca la bocca ed
esclama:
-È… è incredibile!-
3.
Da qualche parte negli Stati Uniti,
Dicembre 1941. L’uomo con il camice bianco scuote la
testa.
-Non so se abbiamo
fatto la cosa giusta.-
-Mi creda, dottor
Anderson, non c’era scelta.- risponde l’uomo accanto a lui –Erano i soggetti
perfetti dal punto di vista morfologico e genetico… e poi l’alternativa era
lasciarli morire. Non credo che lei volesse questo, giusto?-
L’uomo chiamato Anderson scuote
energicamente la testa.
-No, certo. Va bene.
Come stanno rispondendo al trattamento?-
-Oserei dire meglio
del previsto, se consideriamo che non eravamo sicuri che il siero fosse stato
ricostruito perfettamente. Per fortuna avevamo lei, i suoi appunti e la sua
memoria.
-Infatti… bene, verrò
a visitare i pazienti tra non molto, grazie.-
L’uomo alle spalle del Dottor
Anderson interpreta le ultime parole giustamente come un congedo ed esce dalla
stanza.
Rimasto solo Anderson si porta le
mani alle tempie come a cercare di lenire un persistente mal di testa.
Non avrei mai dovuto darti retta
Abraham, pensa, in che dannato sentiero ci siamo incamminati tu ed io?
Phoenix, Arizona. Oggi, Il
suono insistente dell’interfono richiama l’attenzione di Jack Ironhoof ed alla
fine lui si decide a rispondere:
-Si?-
-<<C’è un
maggiore dei Marines che vorrebbe vederla, signore.>> è la voce
dell’efficiente segretaria che stazione permanentemente o quasi di fronte
all’ufficio, un altro risvolto del suo incarico che lo imbarazza e di cui
farebbe volentieri a meno.
-Un Maggiore dei
Marines? E che diavolo vuole? Non importa, lo faccia passare.-
Pochi attimi dopo Jack comprende di
aver sbagliato nell’uso del pronome personale: quella che entra nella
stanza è una giovane donna bionda con i
capelli raccolti sotto il berretto d’ordinanza.
-Uh… piacere di
conoscerla Maggiore….-
-Mace, Liz Mace.-
risponde lei sorridendo e stringendo la mano che lui le porge. Quel nome, Mace,
colpisce una corda della sua memoria, ma Ironhoof non ha il tempo di seguire
quel pensiero, perché la ragazza aggiunge –Sono del J.A.G. della Marina e sto
indagando su alcuni omicidi avvenuti tra New York e Washington.-
-Uhm… interessante,
ma non capisco: cosa c’entra la Polizia di Stato dell’Arizona in tutto questo?-
-Niente. Questo
riguarda lei personalmente, credo. Abbiamo… ho ragione di credere che lei sarà
uno dei prossimi bersagli dell’assassino.-
-Io? E perché?-
-Riguarda una storia
di oltre 30 anni fa. Le dicono niente i nomi di Scott Thomas, Robert Vance e
Paul Buchinsky?-
Lizzie nota immediatamente un irrigidirsi
della mascella del suo interlocutore e la smorfia a metà tra il dolore ed il
disgusto che si dipinge sulle sue labbra.
-Mi ricordo molto
bene di quei tre, ho ancora un pezzo di granata in una spalla che m’impedisce
di dimenticarlo… e ora ricordo anche dove ho sentito il suo nome prima: c’era
un giovane ufficiale di nome Mace, tenente Will Mace…-
-È mio padre e voi
due siete stati i soli sopravvissuti della sua squadra e tra i pochi della
stessa compagnia in una certa azione di guerra sul confine cambogiano
nell’agosto 1972.-
-Azione di guerra?
Non so se chiamerei così quel macello… Thomas e quegli altri sono le vittime di
quegli omicidi? Beh non piangerò per loro, questo è certo.-
-Solo i primi due…
Buchinsky è stato salvato appena in tempo dall'assalto di un assassino
superumano che può trasformarsi in una specie di tigre.-
Gli occhi di Ironhoof si socchiudono
mentre sogghigna e dice:
-Abbiamo anche noi
qualcosa di simile dalle nostre parti.-
-Lo so.- replica
Lizzie –Puma, il leader dei Rangers. Mi dicono che lei lo consoce bene.-
-Io? Gli passo gli
ordini… no, meglio, i desideri del Governatore, ma quanto a conoscerlo… dubito
che ci sia qualcuno che possa veramente dire di conoscerlo.-
-Tornando a noi…
abbiamo la certezza che quest’essere… questo Bengal agisca per vendetta e che i
sopravvissuti a quel raid del 1972 saranno le sue prossime vittime. Non
sappiamo se lei sarà il prossimo bersaglio, ma è probabile.-
-E lei vorrebbe
proteggermi o farmi fare da esca?-
Stavolta è Lizzie a sorridere.
-Entrambe le cose,
direi.- risponde –Mi aiuterà?-
-Come Apache
comprendo la vendetta, ma come poliziotto non amo gli assassini. L’aiuterò,
certo… e mi farò aiutare a mia volta… non credo che le dispiacerà.-
Virginia,
poco fuori Richmond, Tenuta della Famiglia Carter. Tom
Wolfe ha scritto: “Non si può tornare a casa” e forse Sharon Carter la pensa
allo stesso modo mentre la sua auto attraversa il pesante cancello di ferro
battuto e si dirige verso l’imponente casa in marmo bianco che è stata la dimora di intere generazioni
di Carter sin dai tempi in cui il primo di loro si stabili nella vallata del
James River quasi 400 anni fa.
Da
quanto tempo non è più casa sua? Quanto tempo è passato da quando la lasciò per
cercare ciò che quel posto non riusciva più a darle? Sharon preferisce non
ricordarlo. I suoi genitori sono morti mentre lei era dispersa all’estero, l’ha
saputo troppo tardi ed ormai non aveva più importanza… o almeno questo è quello
che si è detta al momento. Ora, però, mentre scende dall’auto, indossando per
l’occasione non la divisa dello S.H.I.E.L.D. ma una normalissima camicetta
bianca con i primi tre bottoni sbottonati ed una gonna verde lunga appena sopra
il ginocchio, non può non chiedersi se non stesse solo ingannando se stessa.
Sotto
il porticato l’attende impeccabile ed impassibile il maggiordomo Smithers. È
con la sua famiglia da molti anni prima che lei nascesse e Sharon deve
ammettere che forse lui è più parte della casa di quanto lei si sia mai
sentita.
-Bentornata a casa,
Miss Sharon.- le si rivolge Smithers –Faccio portare il bagaglio nella sua
stanza.-
Non è una domanda, ma una pacata
affermazione. Sembra quasi che lei se ne sia andata solo per una vacanza e non
che sia stata lontana per più di cinque anni che le pesano improvvisamente addosso
come se fossero più di 30.
Smithers si china verso la bambina
che sta leccando avidamente un gelato.
-E così questa è la
piccola miss Shannon. Bentornata a casa anche a lei.-
Casa? Chissà, può anche darsi, pensa Sharon, dà un’ultima occhiata alle sue spalle, poi prende la manina di sua figlia e con passo deciso entra insieme a lei nella grande casa di marmo bianco.
4.
Ospedale Navale di Bethesda,
Maryland. Gennaio 1942. L’uomo indossa un impeccabile completo nero con
su un’immacolata camicia bianca su cui spicca una cravatta pure nera. Entrando
nella stanza ne saluta l’unico occupante sdraiato nel lettino.
-Buongiorno, dottor
Anderson. Lieto di vedere che sta bene.-
-Per modo di dire.-
replica l’altro –Se non altro sono vivo e sto migliorando.-
-Farsi sparare
addosso non è affatto una bella esperienza,[6]
ne so qualcosa anch’io, mi creda. Ma ora veniamo agli affari, per così dire.
Pensavo che le avrebbe fatto piacere sapere che anche per il nostro soggetto le
cose stanno andando bene: le sue ferite stanno guarendo ad un ritmo
stupefacente e credo che presto sarà in grado di cominciare l’addestramento.-
-Peccato che il siero
non funzioni allo stesso modo su tutti i soggetti. Prima di Capitan America
abbiamo avuto praticamente solo fallimenti.-
L’uomo vestito di scuro sembra
rimuginare qualcosa, poi risponde:
-Già. Se capissimo
cosa rende certi soggetti più recettivi di altri avremmo fatto grandi passi
avanti, ma immagino che questo sia uno dei tanti segreti che Erskine si è
portato nella tomba. Il Sergente McIntyre è morto[7],
il soldato Bradley è in ospedale. Solo Rogers finora ce l’aveva fatta
pienamente. I Nazisti non hanno avuto miglior fortuna di noi, pare: il siero
che hanno dato a Master Man è instabile, anche se si dice che in Germania un
reporter di nome Keen Marlow abbia assunto una versione più stabile del siero
tedesco e stia dando grane ai Nazisti a casa loro.-
-Il Distruttore… si…
ne ho sentito parlare…-
-Che c’è Dottor
Anderson?-
-È dalla morte di Erskine che ci penso:
abbiamo fatto bene a pasticciare così con le forze della natura? Non staremo
cercando di usurpare il ruolo di Dio?-
-Ascolti Anderson:
lei può farsi venire tutti gli scrupoli che vuole, ma quel che so io è che c’è
una guerra in corso e se per vincerla dobbiamo giocare a fare Dio o fare anche
patti col Diavolo, beh io sono disposto a farlo o lei preferisce che i suoi
figli camminino al passo dell’oca sotto le bandiere naziste?-
-Naturalmente no.
Solo mi chiedo se quest’uomo perfetto che stiamo cercando di creare non si
rivelerà un problema difficile da gestire prima o poi.
-Di questo lasci che
mi preoccupi io dottore e stia certo che lo farò.-
Phoenix, Arizona. Oggi. Thomas
Fireheart fa di certo un bel contrasto con indosso il suo completo di Armani ed
in testa il casco di protezione mentre ispeziona uno dei tanti cantieri edili
ancora aperti per la ricostruzione di Phoenix e finanziato dalle Fireheart
Enterprises. Certo, molti che ammirano questo Indiano che ha saputo costruire
dal nulla un vero e proprio impero finanziario multinazionale sarebbero
sorpresi se sapessero che segretamente è anche il superumano conosciuto come
Puma.
-Allora, Mr.
Fireheart, è soddisfatto?- gli chiede l’uomo che l’accompagna.
-Non direi proprio
Mr. Morley.- risponde duro Fireheart –Non da quando ho scoperto che la sua
impresa imbroglia sui conti e che lei si intasca la differenza.-
-Cosa? Io…io non
capisco…-
-Sono certo che
capisce benissimo Morley… o credeva davvero che non avrei mai scoperto che
acquista materiali di seconda scelta gonfiando le fatture o che risparmia sulle
paghe impiegando come operai immigrati clandestini e pagandoli una miseria?
Credeva davvero che non se ne sarebbe mai accorto nessuno? Non ho fatto una fortuna
facendo lo stupido e circondandomi di stupidi Morley.- Fireheart estrae un
foglio dalla sua giacca -Questo è un contratto cui lei mi cede tutte le sue
attività Morley. In cambio io rinuncerò a citarla per danni e le concederò 72
ore di tempo per lasciare lo Stato e la Nazione prima di denunciarla alle
autorità per i suoi reati.-
-Lei è matto
Fireheart, io non posso…-
Con un movimento rapido Fireheart
afferra Morley per il bavero e lo avvicina a se con un forte strattone
piantandogli gli occhi negli occhi, mentre sul suo volto si disegna
un’espressione molto minacciosa.
-Lei lo farà Morley…
- dice con voce dura e cattiva -… se sa davvero qual è il suo bene.-
Quello
che l’uomo di nome Morley vede negli occhi di Thomas Fireheart è più che
sufficiente a togliergli la voglia replicare e da intimorirlo decisamente.
Tremando sussurra un flebile:
-Va bene.-
Poi, una volta che Fireheart ha
lasciato la presa, si affretta a firmare il contratto in triplice copia.
-Molto bene.-
commenta Fireheart –Ora può andare Morley, la sua presenza non è più gradita
nella mia proprietà –L’industriale fa un cenno ad un giovanotto rimasto in
disparte, anche lui Nativo Americano –Tu… ti chiami Will Talltrees se non
sbaglio.-
Il giovane dai lunghi capelli, un
Cheyenne, si avvicina a Fireheart e contemporaneamente gli fa, non visto,
l’occhietto.
-Si, Mr. Fireheart,
questo è il mio nome.-
-Mi hanno parlato
bene di te, giovanotto. Da oggi sei il nuovo Capo Cantiere. Ci saranno nuove
regole d’ora innanzi e starà a te farle rispettare.-
-Molto istruttivo.-
Al suono della voce i due si voltano
per trovarsi di fronte un giovane dai capelli biondi e dall’espressione
schietta.
-Mi chiamo Jeff
Mace.- si presenta il giovane allungando la destra –Sono un giornalista di Now,
il settimanale di New York.-
-Lo conosco.- afferma
Fireheart –Una volta ne ero il proprietario… con tutto il resto delle edizioni
Jameson.-
-Lo so.- replica Jeff
–È stato prima che io ci venissi a lavorare.
I due si stringono la mano e
Fireheart è sorpreso nel constatare quanto la stretta del ragazzo sia forte.
C’è qualcosa in lui, una sorta di forza che riesce a percepire anche se non è
nella forma di Puma.
-Non concedo
interviste per il momento.- dice.
-Non cercavo lei,
sono qui per parlare con Will Talltrees.-
-Con me?- esclama
stupito il giovane Cheyenne –Perché?-
-Mi hanno detto che
tempo fa è stato assalito da un tipo di nome Bengal.-
-Io… e come fa a
saperlo?-
-Sono un giornalista.
Facendo un po’ di indagini su questo Bengal ho scoperto che lei Talltrees è
stato ricoverato in ospedale per molto tempo più o meno all’epoca in cui quel
Bengal era nel Sud Ovest ed il suo nome era in una lista di persone che lui ha
cercato di uccidere.[8] Forse
è collegato ad una cosa su cui sto indagando.-
Talltrees stringe gli occhi e si
chiede se, anche se non l’ha detto, il suo interlocutore non sappia che lui è
Red Wolf. Non esattamente il segreto meglio tenuto del mondo, ma neanche una
cosa che lui ha gridato ai quattro venti.
-Mi dica di più.-
dice infine.
Come ha già fatto sua sorella con
Jack Ironhoof, Jeff spiega tutta la vicenda degli omicidi legati alla missione
in Vietnam del 1972.
-Non credo di poterla
aiutare, Mr. Mace –Quel Bengal era un essere umano come me e lei e non un mutaforma
e da come me ne ha parlato, dubito che il suo Bengal sia quel ragazzo. Un…
comune amico[9] mi ha
fatto sapere che non cerca più la vendetta.-
-Si, è quanto pensavo
anch’io, ma ho preferito controllare. Ho il sospetto che il Bengal che cerco io
potrebbe colpire qui a Phoenix, anche se dubito che sarà lei uno dei suoi
bersagli, Mr. Talltrees. Beh... ora scusate, devo andare.-
Mentre se ne va Will si rivolge a
Fireheart.
-Che ne pensi?-
-Che dobbiamo stare
attenti … e che quel giovanotto potrebbe riservarci qualche sorpresa.-
-Che intendi dire?-
-Nulla. Credo che
dovremo pensare alla protezione del nostro amico Ironhoof. Non starò a guardare
mentre cercano di ucciderlo, questo è certo.-
La Volta, Carcere Federale per
superumani, Colorado. Will Mace sbatte le mani sul tavolino e sbotta:
-Adesso Basta, Rogers
o qualunque sia il tuo nome. Non mi interessano le storie del tuo addestramento
o quel che è, voglio tutti i dettagli dell’Operazione Respiro della Jungla.-
-Pazienza Will.-
replica sorridendo Michael Rogers. Adesso viene il bello, non vorrai mica
perdertelo solo perché non hai pazienza. Siediti e ascoltami. Dove eravamo
rimasti? Ah si… stavo guarendo rapidamente dalle ferite riportate a Pearl
Harbour e…-
Un momento: nel tuo racconto
si parla di soggetti… tu non eri solo.-
-Mi chiedevo appunto
quando te ne saresti accorto.-
5,
Phoenix,
Arizona, Le prime ombre della sera calano sulla capitale
dell’Arizona e la luce di una pallida luna illumina malamente la tua figura
bianca rossa e blu in piedi su un tetto. Il tuo nome è Capitan America e per te
è finalmente venuto il momento di agire. Naturalmente tutto si basa sul
presupposto che, dopo aver fallito con Buchinsky, Bengal cerchi un’altra preda
e che questa preda sia proprio Ironhoof. Se sbagli, ci sono altri che si sono
assunti il compito di proteggere il sergente, ma se hai ragione, e credi di
averla, Bengal non può mancare di farsi vivo e tu vuoi essere nei paraggi
quando accadrà.
Un
momento… cos’ è quella forma là sul tetto di fronte? Qualcuno si muove
nell’oscurità rapido come un animale…una belva. Il tuo nemico è arrivato,
finalmente?
Un
solo attimo per pensare a cosa stai facendo, poi il tuo addestramento prende il
sopravvento e provi una manovra che al tuo predecessore è sempre riuscita
benissimo. Mentre salti nel vuoto, ti chiedi per l’ennesima volta come facesse
Steve Rogers a fare certe cose con estrema naturalezza. Non ha mai provato il
morso della paura stringergli lo stomaco mentre compiva azioni così spericolate?
Non ha mai dubitato un solo istante di poter fallire? Tu non sei Steve Rogers,
sei Jeff Mace e sei anche Capitan America e scacci questi pensieri mentre le
tue mani si aggrappano finalmente ad un cornicione del palazzo di fronte e tu
tiri il fiato. Così vicino, pensi, magari la prossima volta…
Finalmente
ti tiri sul tetto e ti guardi intorno: Nessuno… dove è finito colui che hai
visto?
Improvvisamente
un artiglio ti passa ad un centimetro dal naso, mentre una voce cavernosa ti
dice:
-Cerchi guai ragazzo?-
West Side, Manhattan, New York City. Il
ristorante è elegante, ma non pretenzioso e Sam Wilson deve ammettere che la
sua compagna ha avuto buon gusto nello sceglierlo. Teoricamente questa dovrebbe
essere una cena di lavoro anche se sua sorella Sarah e suo nipote Jody hanno
ridacchiato quando glielo hanno sentito dire.
È un bel pezzo che non esce con una
donna, dai tempi di Leila ed ora Leila è sposata e madre di due gemelle. Cosa
provi ancora per lei preferisce non chiederselo. Riporta la sua attenzione sulle
parole di Claire Temple:
-… e credo di avere
delle responsabilità anch’io nella fine del mio matrimonio…né io né Bill
eravamo davvero pronti per un impegno serio e lo abbiamo scoperto nel modo più
duro. Quanto alla mia relazione con Luke Cage… beh non c’è molto da dire, è
finita.-
Sam annuisce. Comprende il desiderio
della donna di mettere certe carte in tavola, ma al tempo stesso anche la
scarsa voglia di rivangare storie dolorose. In fondo è lo stesso anche per lui.
Potrebbe dirle che si era ricordato del suo nome dopo il loro primo incontro e
che sa anche che il suo ex marito, William Barrett Foster, oltre ad essere uno
dei più noti biochimici afroamericani è in segreto il supereroe chiamato Golia
Nero, ma dovrebbe svelarle anche come mai lo sa e non è pronto a dirle che lui
in realtà è Falcon. Avere di nuovo un’identità segreta non è un privilegio a
cui è disposto a rinunciare facilmente stavolta.
-Ammiro la sua
volontà di non mollare.- le dice… poi s’interrompe perché nel locale sono
entrati degli uomini con maschere sul volto e pesantemente armati.
-Fermi Tutti!- grida
uno –Fermi tutti e nessuno si farà male!-
Ma perché in questa città un onesto
supereroe non può mai mangiare in pace? Si chiede Sam.
Phoenix, Arizona. Nella
sua stanza in un motel poco fuori Phoenix Thomas Fireheart sta conversando via
webcam con Jenna Taylor, la top manager che dirige le Fireheart Industries in
sua assenza, l’unica persona, a parte suo zio, di cui Thomas si fida
ciecamente.
<<Quando pensi
di rientrare a casa Thomas?>> gli chiede la ragazza dalla pelle ramata
che nello sguardo ha tutta la fierezza del popolo Apache.
-Mi sembri mio zio,
Jenna… ho degli affari da sbrigare qui, lo sai… in entrambe le mie identità.-
<<Sta attento a
non perderti Thomas… io non lo sopporterei un’altra volta.>>
Fireheart fa un amaro sorriso.
-Non preoccuparti
Jenna, non accadrà: le mie due nature hanno raggiunto un perfetto equilibrio, lo
sai. Puoi chiederlo a mio zio e te lo confermerà.-
<<L’ho fatto e
lui mi ha detto le stesse cose, ma ah anche aggiunto che il mantenimento
dell’equilibrio dipende dalle scelte che tu farai ed io…>>
-Non ti fidi troppo
delle mie capacità di giudizio? Tranquilla tesoro, non sono più l’arrogante
figlio di buona donna che ero un tempo… beh magari solo un tantino.- un altro
sogghigno –Ora scusami, ma ho un affare urgente che mi attende.-
Un rapido scambio di saluti tra due
persone che per qualche motivo si sforzano di ignorare la reciproca intimità,
Poi Fireheart si toglie rapidamente i vestiti ed indossa un costume arancione e
nero. I suoi lineamenti si contraggono in uno sforzo di concentrazione e
rapidamente il suo corpo muta: la carne si ricopre di pelliccia fulva, i suoi
stessi lineamenti si contraggono assumendo tratti felini dalle dita delle mani
spuntano affilati artigli. In breve Thomas Fireheart ha lasciato il posto a
Puma.
Con incredibile velocità Puma
scivola nella notte e si dirige verso la sua meta: la Palazzina sede del
Dipartimento di Pubblica Sicurezza dell’Arizona, dove il suo amico Jack
Ironhoof sta ancora lavorando. Amico è una parola grossa, Puma non ha amici, ma
se li avesse, Ironhoof sarebbe uno di essi e così i Rangers. Giunto alla sua meta
il mutaforma felino si ferma e annusa: ha sentito un odore nell’aria... un
odore familiare anche se non riesce ad identificarlo. È di là dalla strada.
Puma si appiattisce nell’ombra e attende. Se è un nemico si pentirà di averlo
incontrato.
Ecco che fa la sua mossa. O è pazzo
o semplicemente un uomo di molto coraggio, un vero temerario. Sta compiendo un
salto quasi impossibile eppure… per poco non cadeva, ma ce l’ha fatta. È
guardingo, si aspetta guai, ma non può competere con la sua velocità.
Puma sogghigna riconoscendolo, poi
scatta alle sue spalle e gli passa un braccio intorno alla testa facendo
scattare un artiglio proprio ad un centimetro dal suo naso dicendo:
-Cerchi guai
ragazzo?-
6.
Phoenix, Arizona. Ammettilo:
non è facile mantenere il sangue freddo in certe circostanze, ma tu sei Capitan
America e dovresti essere capace di farlo, non è vero?
-Tu… sei Puma.-
esclami.
-E tu saresti quel
pivello che chiamano Capitan America invece.- prosegue la voce alle tue spalle
mentre una mano artigliata e ricoperta di pelo si avvicina alla tua gola.
La tua mano destra scatta
rapidamente sino ad afferrare quella mano e poi, con un gesto altrettanto
rapido fai volare il suo possessore davanti a te, mentre affermi:
-Non mi piace essere
minacciato, amico.-
Puma fa una rapida capriola ed
atterra sui piedi davanti a te.
-Bella mossa.- ti
dice –Ma attento, non ti riuscirà una seconda volta. Prima che tu ti muova
ancora potrei averti già spaccato il cuore.-
-Queste pose da
Wolverine di seconda categoria sono il meglio che sai fare? Mentre perdi tempo
a litigare con me, Jack Ironhoof è in pericolo. Da quel che ho letto di te, sei
pericoloso, ma non stupido.-
-Un punto a tuo
favore, ragazzo. Abbassiamo le armi, allora e vediamo di…-
Il fracasso di una finestra infranta
interrompe le parole di Puma.
Da qualche parte negli Stati Uniti, dicembre
1941. Il Dottor Anderson si rivolge al suo assistente:
-Reazioni al siero?-
-Crescita muscolare
costante, moltiplicazione esponenziale delle cellule, battito cardiaco e
pressione sanguigna in costante aumento. Apparentemente sta funzionando e sta
permettendo all’organismo di combattere gli effetti delle ferite. Ovviamente
non sono ancora fuori pericolo.-
-Differenze tra i
soggetti?-
-Quello più giovane e
gracile ha una reazione simile a quella di Rogers, dottore, anche se le sue
ferite sono più estese, la sua capacità di recupero sembra più elevata.-
-Uhm se solo mi
riuscisse di capire perché…-
-Dottore!- urla
un’infermiera –Il paziente n° 2… il suo cuore è in fibrillazione.-
-Maledizione, bisogna
intervenire subito. Datemi una mano… Non morirà se ci posso fare qualcosa.-
Phoenix, Arizona. Dire
che Jack Ironhoof è seccato non gli renderebbe giustizia. Non è abituato a fare
da esca e la cosa comprensibilmente non gli piace. Non c’è altra scelta, però e
ne varrà la pena se attirerà quel Bengal allo scoperto, ma chi è? Perché vuole
ucciderlo? Per quello che avvenne quel giorno in Vietnam? Assurdo: lui ed il
Tenente Mace sono o soli ad essere sicuramente innocenti di quel che è
avvenuto, ma quel tizio lo saprà? E chi è, poi? Non c’erano stati superstiti in
quel villaggio… o si? Ma certo… è folle, ma…
Il rumore di vetri infranti alle sue
spalle attira la sua attenzione ecco che Jack vede proiettarsi all’interno una
figura indubbiamente umana, ma quando la osserva una seconda volta, non ne è
più così certo
-Caporale Ironhoof…- la voce è strana adesso, come se venisse
da una gola non abituata alle parole e quello davanti a se ora sembra più una
tigre che si regge su due zampe -… sono venuto a dirti che la
Jungla respira!-
L’essere
avanza verso Jack e lui recupera il suo sangue freddo quanto basta per puntare
contro la pistola. Non perde tempo a gridare avvertimenti superflui, spara
dritto al cuore… una… due… tre volte… ma non arresta il balzo dell’essere che
ora gli è addosso e mentre da quella gola esce una specie di ruggito, Jack vede
le zanne calare in cerca del suo collo.
NOTE DELL’AUTORE
Al termine di
quest’episodio ci sono solo poche considerazioni da fare:
1) Il
Dottor Anderson citato nei flashback era il principale assistente del Dottor
Erskine, il creatore del Siero del Supersoldato. È stato creato da Roy Thomas
& Frank Robbins in Giant Size Invaders #1 del 1975. Il suo ruolo in questa
storia sarà chiarito nel prossimo episodio;
2) Chi
sia il Sergente Sean Clinton McIntyre, alias il Maggiore Vittoria, lo dovreste
ormai sapere, ma Isaiah Bradley chi è? Abbiate pazienza e avrete tutte le
risposte a tempo debito.
3) Claire
Temple, ex fidanzata storica di Luke Cage è stata creata da Archie Goodwin
& George Tuska in Luke Cage #2 (Albi dei Super Eroi, Corno, #7) del giugno
1972).
4) Compaiono
in questa storia due membri del gruppo dei Rangers ed un membro del cast di
supporto di quella stessa serie. Posso solo sperare che la mia versione sia
gradita a voi ed all’autore di quella serie, il bravo Valerio Pastore. -_^
Nel
prossimo episodio: i nodi cominciano a venire al pettine, molti misteri si
svelano, compresa l’origine di Bengal e tanto altro ancora. Non mancate.
[1] Phoenix è stata distrutta da Maelstrom nei panni del Celestiale Nero in Quasar MIT #29.
[2] Il super gruppo del Sud Ovest.
[3] Tra le altre cose, è stata anche impegnata, nei panni di American Dream, a contrastare l’invasione degli Z’Nox, come visto in Capitan America Annual #1.
[4] È accaduto in Marvelit Team Up #4.
[5] E voi ne saprete di più se seguirete le avventure di Nick sulla sua serie personale.
[6] All’epoca il Dottor Anderson era stato vittima di un attentato nazista, come visto in Giant Size Invaders #1 (Capitan America, Corno, #106) del giugno 1975.
[7] Così crede lui, ma noi sappiamo che non è esattamente vero.
[8] È avvenuto, infatti, in Marvel Comics Presents #15 (Thor, Play Press #16).
[9] Ovvero Night Trasher che ha incontrato il Bengal originale sia coi New Warriors in New Warriors Vol 1° #7/9 (Namor, Play Press, #24/25 e Silver Surfer, Play Press #40), che nella miniserie Night Trasher Vol 1° #1 (New Warriors, Marvel Italia #4).